Dario e Franca con le parole degli Amici

Dario Fo con le parole di Emilio Tadini

Molti si stupiscono che Dario Fo sia anche pittore. 
Per qualche tempo – parecchi anni fa – io e tutto un gruppo di amici ci stupivamo che Dario Fo fosse anche uomo di teatro. Perché Dario, in principio, voleva fare il pittore.

Il teatro di Dario Fo si è alimentato e si alimenta della sua straordinaria capacità di vedere: si alimenta, potremmo dire, della sua straordinaria capacità di far figure, di creare figure, di disporre in figure sensi e significati, anzi, di scoprire sensi e significati dentro le figure. Non sembrano, certe volte, i disegni di Dario Fo, qualcosa come uno spartito – qualcosa come la scrittura che registra il movimento del corpo teatrale? 
La relazione che si pone in atto fra il lavoro di Dario Fo pittore e il lavoro di Dario Fo teatrante deve avere un senso che credo valga la pena di cercar di capire. Quale che sia la forma in cui si mostrano, tutte le figure di Fo – cariche di ansia, eccitate, ‘esagerate’, liberatorie – hanno l’aria di comporre un solo grande disegno. Cose che vengono dal passato, cose che fanno luce sul presente, cose che si proiettano sullo schermo del futuro. Queste figure, in un modo o nell’altro, nel loro inesauribile prodursi, ci mostrano anche che non sarà qualche illusione a confortarci. È il nostro corpo che queste figure mutevoli rappresentano. E allora non vogliamo a nessun costo perderle d’occhio. 

(Emilio Tadini per Dario Fo, Quelle figure da non perdere d’occhio, 1984)

FONTE IMMAGINE: https://spaziotadini.com/

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