I giorni del mistero Fo e Rame: così scoprirono la casa fiorentina
Proprio oggi, 40 anni fa – il 16 marzo del 1981 – al Teatro Tenda Dario Fo e Franca Rame chiudevano quasi due settimane di repliche di Clacson, trombette e pernacchi.
Per la seconda volta, la struttura sul lungarno accoglieva uno spettacolo dell’attore e drammaturgo più scomodo d’Italia. Uno spazio senza dubbio non canonico, ma nemmeno uno di quei piccoli teatri di ricerca in cui, per lungo tempo, aveva fatto tappa le sue tournée.
A Firenze, ad esempio, Fo e Rame erano stati applauditi allo space Electronic, la discoteca in via Palazzuolo cuore della cultura alternativa degli anni Sessanta e Settanta. Ma c’era stata un’eccezione: nel 1978, Fo era stato al Teatro Comunale. Ospite di una rassegna sulla pantomima, organizzata dall’Humor Side (l’attuale teatro di Rifredi, era gestito dai Giancattivi): per un cavallo di battaglia come Mistero Buffo era necessario un teatro capace di contenere le folle osannanti, complice anche la messa in onda sulla Rai che – nonostante le polemiche – per la prima volta aveva portato il grammelot del futuro Nobel nelle case di tutti gli italiani. Tra il pubblico, in quell’affollata recita pomeridiana, c’era anche il critico teatrale Robero Incerti, che ricorda «tantissimi giovani seduti persino sul palco, intorno all’attore. Più che a uno spettacolo di Fo, sembrava d’essere ad un evento del Living Theatre. Ecco, lui ebbe la straordinaria capacità di portare al Comunale la vivace e provocatoria atmosfera dei teatri off, rendendo il tempio fiorentino della lirica qualcosa di molto simile a un centro sociale».
La prima pietra del Tenda come la loro “casa” fiorentina Fo e la Rame l’avevano posta nel 1979, con Tutta casa, letto e chiesa e Storia della tigre e altre storie; il legame sarebbe andato avanti fino al 2012, con il Tenda ribattezzato in Obihall e completamente ricostruito. Poi al Nobel si sarebbero aperte le porte della Pergola, «dove, per gli abbonati, abituati a un teatro più accomodante, era il guasta feste. Quindi fischi e discussioni a sipario aperto» aggiunge Incerti.
Eppure nel caso di Clacson, al Tenda le cose all’inizio non erano andate bene. Per una mancata promozione (e forse anche per il testo che, mettendo in scena un “comico e mal riuscito rapimento di Agnelli, aveva fatto discutere un’Italia ancora bruciata dal delitto Moro), una volta arrivato in città Fo trovò una prevendita bassa. Tanto che fece saltare una recita e trasferire il pubblico su quella successiva, per avere un teatro più pieno. Ma sia lui che la Rame erano pronti a mettersi in gioco purché i fiorentini riempissero il Tenda (cosa che poi avvenne). Ricorda Claudio Bertini della Prg (la società proprietaria dell’attuale Tuscany Hall) che era stato chiamato a collaborare dal proprietario di allora, Gianfranco Lastrucci: «Dario e Franca appartenevano a quella generazione d’artisti che si rimboccavano le maniche se qualcosa non andava. Così trascorrevano giornate intere in teatro, rispondevano a chi telefonava per avere informazioni, stavano in cassa a vendere i biglietti e spesso Dario accompagnava gli spettatori al loro posto. Nell’epoca in cui non esistevano i cellulari, se il figlio Jacopo cercava o l’una o l’altro, sapeva che formulando il numero del Tenda sarebbero stati loro a rispondere. E ho assistito a lunghissime chiamate di una Franca Rame che si spogliava dalle vesti di attrice e di attivista politica per diventare madre premurosissima». Con Fo, le cose erano sempre in divenire. Bertini: «Mi convocò e, con una simbolica tirata d’orecchi, mi chiese di rimediare le falle promozionali. Passai un’intera notte ad attaccare manifesti in giro per la città, trascinando un secchio con 20 litri di colla per carta da parati».
Il risultato: il 17 marzo Fo e Rame lasciarono Firenze soddisfatti dei 20 mila fiorentini conquistati.
Articolo di Fulvio Paloscia pubblicato su http://firenze.repubblica.it il 16 marzo 2021