Da una foto nasce il baratto artistico antidoto alla rabbia da lockdown
Il fotografo torinese Paolo Ranzani, con il collega Pepe Russo, ha creato il progetto “Locali chiusi cuori aperti”
Un po’ di utopia può riscaldare questi giorni freddi e bui. La lezione arriva via social – su Facebook per i contenuti e da Instagram per i reportage – complici il fotografo torinese Paolo Ranzani e il suo collega napoletano Pepe Russo che, proprio in rete, hanno varato una formula inedita fondata sul concetto di gratuità dello scambio. Magari anche di baratto, ma anche solo simbolico e libero da computi economici. L’iniziativa si chiama «LocaliChiusiCuoriAperti» e con questa titolazione la si trova su Fb, dove in una manciata di giorni è già salita a quota 500 iscritti. Nelle note informative si leggono – oltre a una citazione del Mahatma Gandhi, «Sii tu stesso il cambiamento che vorresti vedere» – frasi come «Molti di noi sono in mezzo alla tempesta: uniamoci anziché contrapporci. Aiutiamoci e sosteniamoci: siamo fratelli e sorelle non nemici. Contrastiamo il vento dell’odio con il valore del dono». E, ancora: «Non denaro, che non abbiamo, doniamo il nostro tempo, il nostro sapere, la nostra competenza. Creiamo una catena di solidarietà, un effetto domino del supporto reciproco». La tensione utopistica sottesa a un’iniziativa del genere salta all’occhio. Ma il bello è che non ci si ferma ai moniti e alle parole. Tanto che la rete di scambio gratuita è ben avviata e molto varia.
Il punto di partenza è stata la fotografia, l’ambito di attività di Ranzani e Russo che, pur conoscendosi solo via web, hanno condiviso l’idea. «In questo momento drammatico, si affastellano proteste, pur legittime e contrapposizioni frontali: “Il mio ristorante è chiuso, mentre il tuo negozio è aperto”, “Perché loro sì e noi no?” e via discorrendo. Io e Pepe abbiamo provato a contrapporre a questa logica negativa, di rabbia generata dal disagio, una prassi contraria, collettiva, virtuosa. Siamo partiti offrendo le nostre foto a chi ne avesse bisogno: attori o artisti che non potessero pagarsi un servizio fotografico, ristoratori che volessero ritrarre i piatti per il delivery e così via. Non chiedevamo nulla in cambio ma, volendo, ci potevano offrire un caffè o magari, una cena sospesa per i ristoratori, per gli attori una piccola recita quando potremo fare una nuova mostra o un evento e così via». La proposta ha attecchito tanto bene che oggi c’è chi offre di tutto. Competenze di professionisti diversi, dal videomaker al commercialista allo scrittore. Ma anche performances artistiche o corsi on line, come quelli di uncinetto o di utilizzo di droni. Ma c’è pure chi si dà disponibile per fare la spesa a persone anziane o in quarantena. «Non è certo una pratica risolutiva – spiega Ranzani – ma può aiutare a ridare fiducia. E pazienza se ci arriva anche qualche critica da chi sostiene che, almeno in tema di fotografia, vista la crisi non sia il caso di regalare il nostro lavoro».
Tra l’altro, quello di «LocaliChiusiCuoriAperti» sta diventando un format: «Alcune persone, anche senza iscriversi alla pagina Fb, stanno replicando autonomamente la nostra iniziativa e questo ci piace tantissimo» conclude l’ideatore.
Articolo di Silvia Francia pubblicato su La Stampa il 9 novembre 2020.